[Argentina with Love]

Un giorno x caso ti svegli e realizzi che il tuo migliore amico, il Tennista, sta tornando dall’Argentina dove è andato a conoscere i genitori della sua ‘nuova fidanzata’ e a ‘fare un giro sui campi da tennis con quelli che contano’.
E ti riproporrai che quando ti telefonerà x raccontarti com’è andato il viaggio attraverso l’Argentina fino al Perito Moreno passando per la casa dei ‘possibili futuri suoceri’, tu fingerai di non ricordarti che questa è la quinta volta che va a conoscere i genitori di una sua ‘nuova fidanzata’ in giro per il mondo. Magari questa è la volta buona e tu ti potrai comprare un meraviglioso outfit tutto nuovo per fargli da testimone al matrimonio. Tutti hanno il diritto di sognare in fondo, ma è meglio non dirgli nulla che poi gli vengono gli sfoghi in faccia per l’ansia.
– Un giorno x caso ti svegli e realizzi che il tuo migliore amico, il Tennista, sta tornando dall’Argentina dove è andato a conoscere i genitori della sua ‘nuova fidanzata’ e tu non vedi l’ora di offrirti di portarla un po’ in giro a visitare Milano per conoscerla meglio: sono mesi che desideri fare un giro sul sightseeing di Milano e scoprire tutte le cose nuove che ci sono in città e questo potrebbe essere un pretesto fantastico!
Ovviamente prima che il Tennista cambi fidanzata.

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[Inspirare, aspirare, espirare e… spirare]

Un giorno x caso ti svegli e scopri che l’App con la quale ti alleni quando conduci delle serie attività di sport (RunKeeper) ti sta tirando per la giacchetta perché sono più di 4 giorni che non esci né per una corsa, né per una camminata, né per una pedalata e l’APP ad essa collegata (MyFitnessPal) è arrivata all’insulto perché se non consumi calorie con attività fisica non riuscirai MAI a rispettare il programma di dimagrimento che hai selezionato in vista del matrimonio di tuo fratello previsto fra meno di 10 giorni.

Così la sera, uscita dall’ufficio, arrivi a casa, ti infili il gonnellino da corsa, un top Nike e le tue inseparabili Mizuno e vai alla Trucca armata di iphone e cuffiette per una corsetta.

Parti con i soliti 500 metri di camminata seguendo il ritmo dell’audio coach RRR e in men che non si dica ti ritrovi a correre in senso orario (anche se sai che i veri runner affrontano gli anelli in senso antiorario) e a gioire per un attimo di avere sì un raffreddore pazzesco che ti impedisce di respirare col naso, ma che questo non ti impedisce di correre i tuoi 5K abituali nel posto dove puoi correre tranquilla.

Gioire DAVVERO per un attimo, perché scoprirai che alla Trucca, parco cittadino costruito su un acquitrino, dotato non a caso di un laghetto artificiale dal quale soffia una fontana che neanche le Jet d’Eau di Ginevra soffia così (o così almeno ci piace pensare), in estate è popolato di zanzare e moscerini grossi come passeri.

E scoprirai che alla Trucca, mentre corri con il raffreddore, la respirazione con la bocca, invece della classica sequenza inspiro-espiro, sarà:

1. inspiro (aria)

2. aspiro (2578478 zanzare)

3. espiro (zanzare e sangue)

e…

4. spiro soffocata!

Tutto questo in sequenza. Fino alla fine del mondo.

Ps. E non ditevi che così avete fatto due cose in una, perché mangiare zanzare grosse come passeri mentre si corre non vale come porzione di proteine. No, non vale!

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[Creature marine]

Un giorno per caso ti svegli ed è già mercoledì. La prima settimana di lavoro sta scollinando e tu apri l’armadio sollevata: oggi non ti senti proprio una sirena e rinunci alla gonna con il davanti dorato che in pochi hanno capito, ma visto che c’è un raggio di sole decidi di indossare un vestitino in maglia lavorata azzurro e argento di Liu Jo da abbinare alle meravigliose scarpe blu elettrico di Sergio Rossi che fanno risaltare l’abbronzatura e non fanno notare a nessuno (speri) i chili di troppo guadagnati in 2 settimane di Cesarina.
Ti guardi allo specchio e pensi: “Oddio, ma sembro un’orata!”
La tua voglia di mare sembra non abbandonarti, ma non puoi farci nulla. Almeno non nell’immediato.
Ti vesti, ti trucchi ed esci di casa.
E speri che nessuno faccia battute sul… pesce!

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[Una sirena in attesa di branchie]

Un giorno per caso ti svegli e scopri che puoi anche essere di buon umore e decidere di ignorare il tempo, docciarti e truccarti in pochi minuti, indossare una splendida gonna con il davanti coperto di paillettes dorate, uscire di casa con l’intenzione di chiamare il sole e dirgli di venir fuori, che tu vuoi splendere come lui, che sei tutta piena di scagliette sberluccicanti e che sei ‘meglio della Sirenetta di Handersen, che sta a Copenhagen a morire di freddo‘.

E dopo pochi istanti essere sorpresa da una bomba d’acqua che non finisce più, guardare la tua gonna che in meno di un minuto sembra più il dorso di una sogliola pronta per essere infarinata che la coda di una splendida sirena e sentire uno strano pizzicorino all’altezza del collo.

Oddio, no! Che ti stiano spuntando le branchie???

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[Con le migliori intenzioni]

Un giorno per caso ti svegli, vai in ufficio, accendi il PC, inizi a leggere la posta archiviata diligentemente con l’Iphone durante le 2 settimane di ferie e, dopo due ore, leggi una mail della newsletter di Bonprix che cattura la tua attenzione e che, per un attimo, ti fa rivalutare tutte la tue seconde settimane di vacanze future in spiaggia, quelle in cui gelati, fritti misti, mojiti e piadine con la Nutella si sono ormai trasformate in un pannicolo di grasso persistente sull’addome e che ti fanno vergognare di non aver saputo resistere alle tentazioni: “Tankini a 29.90 euro. Scopre ma non troppo, perfetto per chi ha qualche rotolino da nascondere”.

Finalmente la soluzione a tutti i tuoi problemi?

A parte il fatto che scoprire alla tua veneranda età che quello che facevi per nascondere i rotolini di troppo a partire dalla seconda settimana di mare (un mix tra bikini e costume intero, abbinando uno slip a un top in tinta) non l’hai inventato tu ma si chiama Tankini, scoprire che costa solo 29.90 euro e che lo trovi di tutte le forme colori e fantasie è stato un vero choc: da quanto esiste? possibile che non te ne fossi mai accorta prima?

Tuttavia, superato il momento di sbigottimento, cominci ad apprezzarne i vantaggi: finalmente non devi più sbatterti per trovare la giusta nuance di nero o il perfetto abbinamento di colore tra lo slip del tuo costume e il top. Puoi trovare già tutto fatto… E non sentirti uno sharpei spiaggiato se dimenticando il top sei costretta a usare il due pezzi alla maniera tradizionale!

E accedendo al sito bonprix.it perderai tutta la tua pausa pranzo (cosa che allo stato dei fatti male non fa) a immaginarti con almeno 15 dei tankini in vendita, chiedendoti se non sia il caso di ordinarne qualcuno, così giusto per provare.

Perché il vero dilemma da quel momento in poi sarà capire se il Tankini avrà un mercato anche il prossimo anno, se ne troverai ancora in giro da comprare tra 12 mesi o se sarà una moda passeggera come il Trikini che grazie a Dio è durato poco e sta per scomparire definitivamente visto che sta bene sono allo 0.0027% della popolazione femminile italiana.

Tutti questi pensieri mentre barbelli (batti i denti) in ufficio, a Milano, in una fredda giornata (d’autunno) agostana, a 17 gradi all’ombra, un lunedì mattina, il primo giorno di lavoro, di ritorno dalle ferie. Con tre chili di troppo addosso e l’umore nero come il cielo sopra di te.

E pensare che eri uscita di casa armata di tutte le migliori intenzioni: scarpa blu elettrico per far risaltare l’abbronzatura e vestito drappeggiato ad anfora per nascondere i chili guadagnati in 2 settimane di albergo.

Ecco. Lo sai. Hai già bisogno di ferie.

O di dieta.

 

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[Partenze intelligenti]

Un giorno per caso ti svegli e ti guardi intorno e realizzi che hai pochi minuti per scendere nella sala della colazione, bere il solito ginseng in tazza piccola, con 3 frollini, uno yogurt, due fettine di torta al cioccolato, tornare in camera di corsa, BUTTARE tutta la tua roba in valigia e caricare la macchina.
Avresti potuto fare la valigia la sera prima invece che andare al Batucada a bere il miglior mojito della Riviera e a guardare i barman ballare mentre preparano i loro fantastici cocktail brasiliani; fare come fanno tutte le brave madri di famiglia previdenti ‘perchè non si sa mai, potrebbe succedere qualcosa che ti impedisce di fare la valigia e tu devi lasciare lo stesso la stanza entro le 10 e ti ritrovi con tutta la tua roba ammassata in un angolo del corridoio dell’hotel a infilarla nei sacchi neri per fare prima (incubo delle ultime due notti che dovrai indagare con la tua analista un giorno)’. Cosa che ovviamente non succede.
E, dopo aver sistemato tutto l’ambarandan nel bagagliaio, ti farai paf paf sulla spalla per tutti gli anni passati a giocare a Tetris senza sapere se un giorno ti sarebbe servito oppure no. Ecco, ora lo sai: senza Tetris non saresti mai riuscita a far stare 2 biciclette, una bilancia pesapersone, 2 racchettoni da spiaggia, 3 valigie di dimensioni diverse, una borsa da palestra, un secchiello da sabbia con un vaso piccolo di ciclamino, un pc, un televisore da auto, una borsa di vestiti nuovi, due scatole di scarpe, un sacchetto di oggetti vinti in salagiochi con i punti di innumerevoli jackpot, due palloni e una coperta in macchina. Il tutto in meno di un’ora, giusto in tempo per andare a pagare l’ombrellone in spiaggia, salutare tutti in hotel e partire.
Con la speranza (del figlio) di fare il minimo sindacale di coda e riuscire a trovare un Autogrill in cui fermarsi a pranzare con un Camogli ”. Ecco.

E così la vacanza al mare finirà
con la consapevolezza che:
1. La valigia va fatta all’ultimo. Si buttano tutte le cose dentro le valigie e non ci si fanno troppe pippe. La vacanza va goduta fino all’ultimo.
2. Un viaggio di ritorno a casa non è un vero viaggio senza il pranzo (o la cena) in Autogrill; un pranzo (o cena) in Autogrill non è un vero pranzo (o cena) senza un Camogli; un viaggio di ritorno a casa non è un vero viaggio senza un CAMOGLI. Perchè non c’è partenza intelligente che conti: l’importante è che tuo figlio riesca a mangiare il CAMOGLI.
3. Inutile arrabbiarsi. Non sai ancora come, ma un giorno anche tuo figlio riuscirà ad utilizzare le sue competenze acquisite con ore e ore trascorse a giocare con tutti i videogiochi del mondo. Foss’anche riuscire a costruire un muro di protezione di un castello medievale, con fossato e ponte levatoio, mentre è in vacanza in campagna con tutta la famiglia.
Del resto, Tetris docet!

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[A San Marino piove sempre. Credo]

Un giorno x caso ti svegli e il tempo non lascia presagire nulla di buono: nuvole davanti, di fianco e dietro, in alto, nel cielo. Gli ombrelloni in spiaggia sono tutti chiusi e quelli che corrono sul lungomare hanno tutti il kway a portata di mano. Insomma, ti basta poco per realizzare che questa è la classica giornata da San Marino e quindi… da shopping a San Marino.
Così ti armi di santa pazienza e dopo aver fatto incetta di leaflet di tutti i centri commerciali e outlet della Repubblica di San Marino, sali in macchina e punti verso Monte Titano.
Oltre l’infinito e oltre!
Come nelle migliori tradizioni, man mano che ti avvicini alla meta, il tempo continua a peggiorare: le tre cime sono coperte da nuvole grigie così minacciose che nemmeno Enrico il Bagnino riuscirebbe a descriverle col solito ottimismo di Radio Deejay.
Sta per piovere e tu procedi seguendo le indicazioni del TomTom.
Il paesaggio è strepitoso: incroci paesini arroccati su colline dolci, campi di frutta, di zucche, vigne… Peccato solo che il tempo sia così grigio. Ma si sa, stai andando a San Marino e a San Marino il tempo è sempre brutto.
A dire la verità il sospetto che qualche volta il bel tempo raggiunga anche la piccola Repubblica ce l’hai. Ci sono foto e vecchie cartoline che lo dimostrano, ma tu proprio non l’hai mai visto dal vivo e puoi solo sospettare.
Perchè quando arrivi a San Marino c’è sempre quella gocciolina fastidiosa che sta per caderti addosso o che ti è già caduta. E che piove lo sai anche dai piccoli ombrelli venduti a 3 euro nei negozi di souvenirs che non mancano mai.
E poi c’è il manifesto che parla delle zanzare tigre a dimostrare che a causa della pioggia persistente, le zanzare a San Marino sono cresciute fino al livello Super Sayan e che se vogliono ti sollevano e ti portano direttamente nella loro tana.
Sarà che anche quando eri piccola ti hanno portato a San Marino, ma scandagliando tra i tuoi ricordi il sole non l’hai visto nemmeno allora.
E quindi?
Niente. Il sole a San Marino non c’è. O forse, quando tutti sanno che pioverà, decidono di andare a San Marino.
Ed è per questo che le commesse russe dei negozi di San Marino quando vedono le nuvole cariche di pioggia ti accolgono sorridendo.
E anche i ristoratori di San Marino ti accolgono con un gran sorriso quando entri nei loro locali. Come ad esempio la Cantina di Bacco, un ristorantino di San Marino davvero accogliente, nel quale hai mangiato immersa in un’atmosfera decisamente intima.
Ma tu non saprai mai se ti accoglierebbero con lo stesso sorriso se ci fosse il sole. Perché se ci fosse il sole tu andresti al mare e non andresti a San Marino.
Del resto cosa vai a fare a San Marino che piove sempre? 20140824-170926.jpg20140824-170943.jpg20140824-170933.jpg20140824-171957.jpg

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[Undici libri e un passo di donna]

Un giorno per caso ti svegli e sai che il tuo soggiorno al mare sta per finire e che presto dovrai rimettere tutte le tue cose in valigia e ricomporre il puzzle di trolley, borsoni, biciclette, zaino dei compiti del mezzo26enne (rimasto integro fino a 36 ore prima della partenza), figlio mezzo26enne con l’aggiunta di libri e scatole di scarpe, due palloni nuovi, un pc mai aperto, il tutto nella parte posteriore della tua supercar.
Qualcosa l’avrai usata, qualcosa un po’ meno, qualcosa per niente ma quando sarai a casa te ne dimenticherai e con una percentuale di probabilità vicina al 100 l’anno prossimo rimetterai tutto con lo stesso ordine in auto pensando che sia un’ottima idea e che ti servirà TUTTO. E forse aggiungerai una valigia in più solo per te (magari piccola) poichè ormai è assodato che l’universo femminile è troppo complesso per riuscire a farlo stare in una valigia.
Ma c’è qualcosa che continuerai a portare avanti e indietro fintanto che non ti convertirai definitivamente al Kobo o Kindle o qualsivoglia e-reader e sono… i libri.
Quest’anno ti sei portata dietro:
1. Stregati dalla corsa, di Marco Lo Conte. Nove ritratti di manager runner che correndo hanno accelerato nella professione e nella vita.
Ognuna di quelle storie hanno raccontato un pezzo di te, ma quelle in cui ti sei ritrovata di più sono quelle di Paolo Garimberti. Il fratello maggiore. Perchè tu sono un po’ così, sei quella che quando corre dice agli altri di non mollare, che manca poco, che ce la faranno. Anche se loro arriveranno prima di te e faranno il loro pb. Mannaggia!
Quella di Gianni Morandi. La corsa? Una roba…!!! Perchè lui quando corre arriva al traguardo e quando arriva sorride e perchè senza saperlo la sua immagine, essenza della corsa gioiosa, è finita sulla copertina di un libro non suo, un libro sul Running. Ecco. Tu sei un po’ così: ti piace correre e anche se fai fatica, e le tue gambe sembrano stecche di cemento, quando corri hai la sensazione di fare una cosa grande e bella. E sei felice. O drogata di endorfine, ma chissene frega, va bene così.
E poi quella di Lorenzo Sassoli de Bianchi. Il filosofo. Perchè molte delle cose che dice le ascolti ogni volta che ti alleni con l’audiocoach Rock Run Roll. Chissà se gli hanno chiesto i diritti.
E infine quella di Julia Jones. Il metodo JJ. Un metodo che vorresti provare su di te frequentando un vero corso per correre. Perchè è vero che correre è qualcosa di naturale, ma ci sono dei giorni che non ti basti e vorresti che qualcuno si prendesse cura della tua corsa e ti facesse crescere. Chissà, forse un giorno…
2. Dimagrire di corsa di Daniel Fontana (con il contributo di Elena Casiraghi, eat coach, che in copertina non si trova, ma nel libro interviene con delle pagine interessanti davvero).
L’hai comprato perché sei una di quelle runner che corrono per un milione di motivi, tra cui dimagrire, e perché hai un debole per i triatleti; perché sorridi ogni volta che li vedi allenarsi e pensi che siano gli sportivi più indecisi (o talentuosi) del mondo che non sapendo scegliere in quale sport gareggiare ne scelgono addirittura tre contemporaneamente. E poi perché ti piace sentire o leggere i racconti di chi si cimenta nella gara più dura e pazzesca che tu conosca, l’Ironman. E perché a furia di ascoltare e leggere aneddoti sui vari Ironman in giro per il mondo disputati dai tuoi amici, alla fine sei riuscita a scrivere addirittura un racconto, Verso il Traguardo, e a farlo pubblicare in 2 (due!) raccolte.
3. I sette passi della corsa, di Umberto Longoni.
Uno psicologo dello sport, motivatore, che hai incontrato un giorno mentre stavi seguendo un programma di dimagrimento e lui presentava uno dei suoi libri. Lui insegna ad allenare la mente per correre meglio. E non ti dice che a correre non si fa fatica, ma ti aiuta a trovare gli stimoli e la strada per superare i momenti difficili. Perché il running è un progresso dell’individuo e una piccola, personale conquista. La cosa che rileggi con maggior piacere? L’esercizio che ti insegna a non sentire la fatica partendo da un test della personalità. Hai scoperto che devi immaginare di essere una farfalla che vola leggera davanti a te. La cosa meravigliosa è che Farfalla è (quasi) l’anagramma del tuo nome.
4. La vita è un viaggio di Beppe Severgnini. 20 parole per un futuro migliore. Un libro pratico, poetico, tonificante.
Sai che non ha bisogno di presentazioni. Lui è giornalista, un osservatore della vita, del mondo in cui viviamo, degli italiani e dell’Italia.
È un raffinato utilizzatore e conoscitore dei Social Network, anche se si schernisce di non essere più giovanissimo e di non arrivare a tutto. Ma ti piace. Ti piace perché se ‘La vita è un viaggio’, lui non ti indica la meta, ma ti regala 20 parole da portarti dietro come bagaglio e da tirare fuori all’occorrenza. Tra queste: atlante, brevità, incoraggiamento, paternità, rispetto, sensualità. E altre 14 per arrivare a 20.
5. Figuracce, AA.VV. 8 scrittori raccontano una loro figuraccia. E lo fanno alla loro maniera, da scrittori. Perché ‘la vita è uno slalom tra figure di merda’, ma quando le figure di merda sono degli altri e sono raccontate bene, sei felice e vorresti che non finissero mai. Ovvio.
6. Ritrovarsi a Manhattan di Carole Radzwill
L’hai comprato una mattina dopo una corsa sul lungo mare che da Misano porta a Riccione. Avevi caldo e sei entrata in Mondadori per fare un giretto con l’aria condizionata. Ti sei lasciata attrarre dal colore della copertina e dalla fascetta. Ma non è un gran libro. E neanche la pagina dei ringraziamenti. L’unica cosa che ti porti a casa con questo libro è il riassunto di una ricerca sulla correlazione tra il buon sesso, la produzione di dopamina e il desiderio struggente di rifare sesso con la stessa persona che può durare addirittura due anni. E che poi, dopo due anni, passa (per fortuna!). Ecco. Ottimo da leggere in spiaggia.
7. Omicidi in pausa pranzo, di Viola Veloce, lo pseudonimo di un’impiegata milanese, blogger, single di ritorno, un figlio alle medie e la passione per la scrittura. Un giallo adattissimo al ritorno in ufficio, quando temendo che qualcuno possa decimare te e i tuoi colleghi preferisci che sia un serial killer piuttosto che un tagliatore di teste. Catartico!
8. La sovrana lettrice, di Alan Bennett. Gran libro su una donna, una regina, una vera Sua Maestà che scopre il piacere della lettura e che comincia a desiderare che tutti leggano. Meraviglioso. Grande la scoperta che ‘ascoltare il riassunto di un libro non è come leggere davvero quel libro’ e che gli scrittori sono persone strane e che a volte sono molto meglio i loro libri. Da leggere e rileggere!
9. Black Book of Style, di Nina Garcia. Un libro in lingua inglese, regalo della tua migliore amica che spera sempre che tu ti decida a migliorare il tuo poor inglese leggendo qualcosa che ti possa appassionare davvero, come lo stile e la moda. C’è ovviamente anche la versione in italiano!
10. Andromeda Heights di Banana Yoshimoto. Ancora una volta un libro che consigli a chi ama i manga, a chi è cresciuto a pane e cartoni animati giapponesi, a chi è abituato ai dialoghi brevi, ai monologhi dell’anima, alle pause e ai cambi di scena lenti. Da gustare lentamente per esplorare i temi della perdita e della guarigione, e di come si può trovare la felicità nelle famiglie più anticonformiste. Avendo iniziato a leggere i libri di Banana quando ne aveva scritti solo cinque e non avendo più smesso, beh, come potevi andare in ferie senza portartene dietro uno?
11. Smart photo manuale, di Valerio de Berardinis. 9.90 euro spesi (forse) bene. Per districarti nel mondo delle App fotografiche, capire quali sono le inquadrature migliori, il segreto della luce, delle esposizioni. E anche se non hai capito molto (e la foto che stai postando è schifosamente mossa) almeno avrai la consapevolezza che, a esser capaci, anche un iphone può fare delle foto grandiose. Non solo selfie, dunque!

E infine ci sei tu e i tanti chilometri percorsi in due settimane, camminando, correndo, in bicicletta. Sul lungo mare. Fino alla fine del mondo.

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[Selfie d’autore, passando per autoscatto e foto]

Un pomeriggio per caso, dopo la solita pennica post prandiale, decidi di andare da Misano a Riccione in bici per smaltire un po’ di calorie e assistere agli eventi della giornata.
Hai scoperto che intorno alle 17.00 ci sarà l’Ice bucket Challenge di Alessandro Cattelan a favore della raccolta fondi per la SLA, dietro Viale Ceccarini, nella nuova postazione di Radio Deejay, e non te lo vuoi perdere. Arrivi appena in tempo per vederlo mentre la moglie e la sua partner gli rovesciano addosso un secchio pieno di acqua e ghiaccio, immortalare la scena con un video straordinario e correre al sound check di Samuele Bersani che dovrebbe cominciare di lì a pochi minuti.
Vai sotto il palco e aspetti diligentemente che uno dei tuoi autori italiani preferiti arrivi e faccia la prova microfoni per il concerto delle 21.30. Sei sorpresa che Cattelan non lo abbia nominato, come staffetta ideale della giornata, visto che il concerto era parte delle iniziative estive della radio a Riccione, ma tant’è. Si vede che doveva essere così.
Il palco è vuoto: sono solo le 18. Forse è ancora dai suoi che sono di Cattolica: sarà andato a trovarli e ora sta finendo la sua birra; o forse loro hanno raggiunto lui e ora stanno ancora chiacchierando; o lui gli sta facendo ascoltare qualcosa di nuovo, qualcosa che inciderà a breve. O forse no.
Dopo qualche minuto entra un gruppo di musicisti che si sistemano ai loro posti e iniziano ad armeggiare con strumenti e microfoni. Qualcuno è proprio figo. Si baciano tutti, come se non si vedessero da mesi. La cosa ti sembra in effetti un po’ strana, ma forse hanno ragione gli americani quando ci prendono in giro e dicono che noi italiani gesticoliamo mentre parliamo e che ci baciamo sulle guance ogni volta che ci incontriamo.
Tutti provano qualche strumento o microfono. I fonici sono al lavoro. Ma di lui, il cantante, ancora neanche l’ombra.
Nell’attesa hai il tempo di osservare le persone sul palco e di realizzare che i musicisti sono uomini il cui concetto di pettinatura o di parrucchiere è quanto di più lontano si possa immaginare nella loro vita: codini, capelli legati, dreads, riccioloni, cappellini sono la norma. Il pettine, a quanto pare, no. Ma in fondo perchè dovrebbero? Non sono mica dei colletti bianchi!
Poi arriva lui, Samuele Bersani. Pantaloni cargo, maglietta blu mare, occhiali da sole con le lenti azzurrate, cappellino francese indossato all’inglese. Bel fisico. Abbronzato. Fa un giro sul palco. Parla coi musicisti. Col fonico. Col tecnico delle luci. E con l’omino col caschetto, l’unico che indossa la cintura degli attrezzi come se fosse un pistolero e che sta finendo gli ultimi ritocchi ai carrelli delle luci.
Bersani non canta e scende dal palco.
Ti chiedi perchè non canti. Lo segui con lo sguardo. Sta uscendo dalle transenne e si mette a chiacchierare con il pubblico. Nel frattempo sul palco fervono gli ultimi ritocchi. Qualcuno dei musicisti accenna qualche nota.
Lasci la tua postazione in prima fila e decidi di avvicinarti a Bersani. Guardi il gruppetto di folla intorno a lui. C’è di tutto: coppie, madri e figli, fidanzati, amiche, tante ragazze. Qualcuna lo bacia. Qualcuna gli fa firmare il cd. Lo faresti anche tu se avessi il CD, ma hai comprato Nuvola Numero Nove su itunes e non puoi farti firmare un album comprato su itunes. No, non puoi, mannaggia.
E non hai nemmeno voglia di farti fare un autografo sullo scontrino dei mojito della sera prima.
Si scattano le prime foto. Lui è disponibile. Si mette in posa con tutti, grandi e piccini.
Addirittura qualcuno si accorge di aver fatto la foto con gli occhi chiusi e gli chiede di rifarla. E lui ride.
Poi arriva una ragazzina che gli chiede un selfie. Lui ride ancora, ma non si sottrae.
Si scattano foto e selfie. Anche a te non dispiacerebbe una foto con lui. Dovrà essere ‘buona la prima’; non puoi permetterti di fargliela rifare: non sarebbe giusto. Osservi e studi una strategia. Poi, finalmente realizzi che si può fare.
Ti metti in fila. Hai gli occhiali. Decidi di tenerli. Così sei certa di non chiudere gli occhi e di avere un’espressione ebete. Lo guardi sorridendo. Lui accetta. Scatti. Anzi, auto-scatti. La posti su FB. In pochi minuti raggiungi i 20 likes. E sai che cresceranno di numero.
Lui saluta. Sale sul palco e infila tre chicche una dietro l’altra che ti lasciano senza fiato. Compresa la canzone scritta per Lucio Dalla e cantata straordinariamente bene con il vocalist alle sue spalle, Michele.
Anche quest’ultimo ti lascia senza fiato: canta benissimo e suona una marea di strumenti.
Non vedi l’ora che il vero concerto cominci. E torni in hotel pedalando di gran lena.
Dopo mangiato ti prepari e riparti alla volta di Piazzale Roma. Come ogni volta arrivi a pochi minuti dall’inizio del concerto, quando il pubblico si è già sistemato e non ti aspetti molti movimenti migratori in avanti.
Parti dal fondo e in pochi minuti finisci in prima fila, davanti alle transenne, vicino agli armadi della security che ormai ti conoscono e ti salutano. La tua tecnica supercollaudata non fallisce più. Magari si scontra con qualche intoppo non previsto, come ad esempio la tizia avvinghiata a catenaccio al fidanzato che copriva un corridoio d’accesso verso le transenne centrali, o il tizio puzzolentissimo che hai dovuto aggirare da lontano nonostante fossi ad un passo dall’obiettivo. Ma alla fine va tutto come previsto.
Il concerto è davvero straordinario e vederlo dalla prima fila fa aumentare il piacere: lui è bravissimo ed emozionato e, dopo un po’ di foto fatte con l’iphone, decidi di goderti lo spettacolo. Fino alla fine. Fino a quando, ai saluti finali, lui si fa fare una foto ricordo con tutto il pubblico di Piazzale Roma.
Dice che odia la parola ‘selfie‘.
Dice che preferisce la parola ‘autoscatto‘. Ma quello non è un autoscatto. È una foto, visto che gliela sta facendo uno dei musicisti.
E un po’ ti dispiace che l’unica cosa che gli hai chiesto incontrandolo per la prima (e forse unica) volta sia stata:
– Possiamo farci un selfie?
Se avessi saputo che odiava quella parola gli avresti detto:
‘Ti metti in posa con me?’ oppure
‘Ci facciamo una foto?’ oppure
– ‘Possiamo farci uno scatto insieme?’Anche se selfie in fondo non è una parola così terribile, dai!
Per te invece selfie è ok. É la lingua che cambia. Che prende una parola vecchia e rumorosa (autoscatto) e la trasforma in qualcosa di nuovo, di liquido, che non ha suono, personale (selfie)… Ti piace!
Chissà perchè ci sono persone che si ostinano a voler rimanere attaccate agli autoscatti. E che si fanno fare una foto e la chiamano autoscatto per non chiamarla selfie!
Ma chissenefrega!
Tu hai il tuo selfie con Samuele Bersani e lui ha il suo finto autoscatto sulla Piazza di Riccione dove ha appena finito di cantare.
Bel concerto.
E siete tutti felici.

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[Le quattroruote che non ti aspetti]

Una sera per caso, prima di cena, in hotel senti un gruppo di uomini parlare delle loro nuovissime quattroruote. Sono un bel gruppetto, tutti abbastanza giovani e, a quanto pare, appassionati di auto. La cosa non ti stupisce, in fondo siamo nella patria dei motori, a due passi dal circuito di Misano, dove a settembre si sfideranno in pista i beniamini del Moto GP.
Sono in piedi, in cerchio, qualcuno ha in braccio il figlio di pochi mesi, e si aggiornano con foga sugli ‘ultimi modelli’: in carbonio, bicolori, maneggevoli, leggerissimi, ci puoi andare ovunque!
È difficile capire di quale modello di quattroruote stiano discutendo, ma pare che se la intendano benissimo. Che stiano parlando di qualche nuovo SUV? In effetti hanno tutti famiglie numerose e i SUV, per quanto costosi, sono diventati le auto per le famiglie numerose…

Ma le ruote…
– Già, sono un problema… Non tutte vanno bene a quanto pare. Meglio quelle grosse, anche se costano un po’ e sono scomode.

Un paio di loro, i più sportivi, si lamentano che non vanno come dovrebbero, soprattutto in spiaggia e sullo sterrato. La sera le devono bagnare altrimenti il giorno dopo scricchiolano e fanno un rumore fastidioso ‘che sveglia il bambino’.
In effetti queste grosse auto non sembrano tagliate per una vita così avventurosa come le dune di sabbia di Misano Adriatico (!) e gli sterrati di Val Conca (!!), ma il rumorino fastidioso, no, proprio non te lo aspetteresti; e con quello che costano, poi!
Il costo era un punto a sfavore quando dovevamo decidere, ma mia moglie è stata irremovibile. L’aveva provato con una sua amica e ha voluto assolutamente quello. Freno, ammortizzatori, stabilità: diceva che erano insuperabili e io mi sono fidato. Aveva ragione. Pensa che abbiamo dovuto prenotarlo con 2 mesi di anticipo. È arrivato appena in tempo!
Qualcuno si lamenta che col terzo figlio per cambiarlo ci ha lasciato giù un rene!
Ma ora siamo contenti. Peccato che non ci fosse anche con gli altri due.
Sei sorpresa di questi outing e soprattutto di questa nuova influenza femminile nella scelta del SUV. Di solito la donna si limita a una supervisione economica, con qualche commento sulla linea o sul colore, ma sentire uomini che prendono indicazioni così tecniche dalla moglie ti stupisce positivamente.
– Dovrebbero mettergli dei sistemi di allarme con quello che costano. L’anno scorso me l’hanno praticamente rubato sotto il naso.
Ma come, i SUV non hanno gli antifurti??
Uno del gruppo si lamenta infatti che l’anno prima l’aveva parcheggiato fuori dal ristorante sulla spiaggia e che quando era tornato non l’aveva più trovato. E il casino non era solo stato il costo, ma anche che c’erano dentro tutti i ciucci del figlio, quelli che usava per dormire e il piccolo non aveva smesso di piangere un attimo, finchè non erano tornati a casa a recuperare il ciuccio di scorta. Un vero dramma!
Ecco che cominciano a venir fuori le cose negative:
– Saranno anche spaziali, ma i freni… in discesa bisogna stare attenti.

Davvero??? A quanto pare si. Uno del gruppo inizia a raccontare di un’esperienza terribile con i freni mentre l’aveva lasciato in discesa. Il figlio non si sa come era riuscito a togliere il freno di stazionamento e il bolide aveva cominciato a muoversi e l’avevano ripreso in tempo altrimenti chissà cosa sarebbe potuto succedere.
E dal problema delle ruote che cigolano se non le lavi la sera, al costo proibitivo, al pericolo di un furto sempre in agguato, al freno non a prova di bambino, ti verrebbe da chiedergli perchè diavolo continuano a comprare quegli aggeggi?!
Ma ecco che subito compare una delle mogli chiedendo:
Pensavo di andare a fare un giro. Dove lo hai parcheggiato?
E lui:
Nel corridoio vicino alla sala colazione?
Sala colazione???
Non l’ho visto
Ma si, dai! È vicino a tutti gli altri.
Un SUV parcheggiato vicino alla sala colazione?? Insieme a tutti gli altri? A Misano? All’Hotel Savoia???
Giri l’angolo incuriosita e capisci tutto: 23 passeggini spaziali di tutte le dimensioni e colori stazionano nel corridoio che porta alla sala delle colazioni. Altro che SUV!
Ci sono momenti della vita in cui quattroruote hanno diversi significati. Anche quelli che non ti aspetti.

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